
LA MAREA. SIAMO ANCORA SCIMMIE NUDE
Non conosci altra marea che quella umana:
voci, risa, chiasso
ma ora è lontana.
Nel silenzio che è disceso dalle stelle
ha ingoiato le parole
e costringe tutti quanti
soli
a fare i conti con la notte
a strappare la gramigna della mente
aggallan voci nuove.
L’alta marea sale, striscia per le strade
c’è chi serra le porte e segna le case
con lumi e suoni
come i servi del faraone
segnavano le case con sangue d’agnello.
Ma non è feroce la marea
non ha sete, e teme l’uomo.
La marea è un canto
di solito coperto dal frastuono:
un fremito di foglia, un guizzo
di fontana, l’impronta, il ciuffo di pelo
spinto avanti dal silenzio, sulla soglia
come l’onda spinge la conchiglia.
Eppure, lentamente, mentre sale l’eufonia della terra,
si fa largo nel tuo cuore
l’ancestrale orrore della notte
che invano hai tentato di zittire, di scordare.
È bastata una cosa così piccola
per crollare in pochi giorni il tuo mondo di rumori
un paio per spezzare le tue lance di giudizi,
gli scudi di certezze son caduti il terzo.
Tornato scimmia nuda ed impotente
cerchi il branco:
vi stringete nei fossi, abbandonate i morti
afferrate pallide idee, l’illusione d’esser qui
e di esser sempre.
Era diverso allora, all’alba del mondo
ma questa cosa così piccola
ha negato alle mani di cercarsi
ai corpi d’unirsi
alle dita di chiudersi sulle cose, come per istinto
il vostro istinto vi spinge a far da sempre.
Non stavolta.
Non era questo che volevi?
Emanciparti dalla terra, scendere dai rami
carpire orizzonti inesplorati e lucidare i tuoi trofei
collezionare parole, anziché semi?
Bene, ecco qua.
Solo nella tua città, hai da afferrare speranze
e nulla più, scimmia nuda.
Intuisci il mare aperto, la notte che chiami “natura”
nulla a paragone dei padri, i figli della marea.
Fedeli alla vita, sensi allerta, loro sì “pronti alla morte”.
Tu tremi, invece,
e la marea canta, gioisce, gode
gli spazi che hai rubato, i silenzi che hai mietuto.
È libera, dove tu sei prigioniero.
Gli spiriti ai confini della terra, le anime animali,
mostri con zanne e artigli
ridono nei viali, ululano
dietro le imposte, raspano alle porte
della tua mente.
La notte è lunga, scimmia nuda.
Hai costruito tu le sbarre di una civiltà
che ti ha reso così fragile.
Ora aggrappati alle parole
e prega
che la marea risparmi i primogeniti
e prega
che reggano gli inganni con cui spranghi le finestre
e prega
di non dimenticare l’umiltà che ti è donata
la nudità riflessa dallo specchio
sospinta dentro la tua casa
dall’onda di marea.
