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LA VALLE

Tu fai così tante parole. Fuggi al silenzio quasi ne avessi timore, mascheri il tuo mondo di nomi. Perché? Temi d’udire una verità antica, un suono perduto, un ricordo? Preferisci rintanarti tra mille astrazioni, ingabbiare le cose in un pugno di lettere, in un paio di sillabe. Vuoi dar voce a ciò che non ha voce, chiami la parola divina e la porti in trionfo, ma le parole nulla han di eterno: inaridiscono, cadono, sedimentano e si sfaldano.
Vedi le creste, laggiù? Ammassi di storie, montagne di nomi avvitate verso il sole. Divorano spazio, sgomitano per farsi guardare. Erose dal tempo, crolleranno anche loro, verranno dimenticate. Torneranno deserto.

Orsiera

Se cerchi l’eterno, non guardar le montagne. Va’ dove il chiacchiericcio si placa, nello spazio purgato d’opinioni e giudizi. Cerca la valle.
Guarda, si schiude: la solida fortezza di roccia cede il passo, una piana si spalanca tra i massicci. Burroni, ghiacciai, torrenti e foreste precipitano tra campi, vigne e paeselli accucciati lungo il fiume. È una valle schiva, rivela i segreti non a chi s’affanna, non a chi passa ma a chi si sofferma, a chi tace. La valle lascia intuire lo spazio tra verità e maschere, è attesa tra domanda e risposta, giardino tra parola e parola. Respira, ascolta il tuo cuore. Indaga, rallenta. Sii semplice.

Eri un cacciatore di frammenti, ricordi? Maestro nell’arte ancestrale di scovare tesori, di collezionare silenzi e custodire segreti per dar senso alle cose. Mondi s’annidano tra i sassi, nelle crepe dei muri, al buio degli alveari e nei boschi. Pacifici, confusi dal chiasso, se ignorati svaniscono. Rispondi andandone in cerca, prestando loro l’orecchio ed il cuore. Cammina. Se ascolti s’addensa ogni tanto, ispirata, una voce: un fiore che spande un profumo suo e basta, un nome sincero, una storia, che cogli o è perduta. Il silenzio è più saggio di tante parole. Devi fargli una tana.

Guido Gabinio, “Valle di Susa”

Io ho qualcosa per te, ma per confessarmi devo prima trovare la voce, tentare una nota, sondare il tuo cuore. Le parole sono arnesi estranei. Mi esprimo in sussurri, lascio altri parlare. Anche per me, anche di me.
Ogni nome traduce un racconto. Come te, anche io ne ho uno. Mentre però il tuo è rimasto lo stesso, il mio nome è mutato al mutare del mondo e al passare del tempo. Oggi mi chiami valle di questo o di quello: mi ascrivi a un paese tra i monti o a un piccolo fiume, ma come possa il vuoto appartenere ad altro che al silenzio, resta un mistero. Chi viene da altrove mi conosce per uno o ambedue i nomi che ho detto, tuttavia io rispondo ad un unico nome. Perché chi viene e poi resta, o chi in me è sempre stato, mi chiama “la Valle”, senza aggiungere altro.
“La Valle”, come fossi una sola.

Un nome, talvolta, val la pena spiegarlo, rifarlo al rovescio: indietro, fino al principio, per trovare di che cosa è composto, quanto ha smarrito. Dopo tante sentenze, tornare al silenzio. Tocca a te farlo, raccogliere le parole, dar senso alle cose. Solo io so da dove vengo e dove vado, è vero. Solo tu, d’altronde, fai così tante parole. Vieni, ascolta. Scelgo te per dire ciò che ho da dire, per diffondere un nuovo vangelo. So che puoi farlo: ho fiducia, perché il tuo cuore è sincero. Conosci questa storia?